Dramas translations and occasional poems


[225]

SONETTI
DEL PETRARCA.


226

SONETTO.


LA vita fugge e non s' arresta un' ora;
E la morte vien dietro à gran giornate;
E le cose presenti, e le passate,
Mi danno guerra, e le future ancora:
E 'l rimembrar, e l' aspettar m' accora
Or quinci, or quindi sì, che 'n veritate,
Se non ch' i ho di me stesso pietate,
I sarei già di questi pensier fora.
Tornami avanti, s' alcun dolce mai
Ebbe 'l cor tristo; e poi da l' altra parte
Veggio al mio navigar turbati i venti:
Veggio fortuna in porto; e stanco omai
Il mio nocchier'; e rotte arbore, e sarte:
E i lumi bei, che mirar soglio, spenti.
Par. II. Son. 4.
228

SONETTO.


ZEFIRO torna; e 'l bel tempo rimena,
E i fiori, e l' erbe, sua dolce famiglia;
E garrir Progne, e pianger Filomena;
E primavera candida, e vermiglia.
Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;
Giove s' allegra di mirar sua figlia;
L' aria, e l' acqua, e la terra è d' Amor piena;
Ogni animal d' amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso! tornano i più gravi
Sospiri, che del cor profondo tragge
Quella, ch' al ciel se ne portò le chiavi:
E cantar augelletti, e fiorir piagge,
E 'n belle donne oneste atti soavi
Sono un deserto, e fere aspre, e selvagge.
Par. II. Son. 42.
230

SONETTO.


SE lamentar augelli, o verdi fronde
Mover soavemente all' aura estiva,
O roco mormorar di lucid' onde
S' ode d' una fiorita, e fresca riva;
Là 'v' io seggia d' amor pensoso, e scriva;
Lei; che 'l ciel ne mostrò, terra nasconde;
Veggio, ed odo, ed intendo; ch' ancor viva
Di sì lontano a' sospir miei risponde.
Deh perchè innanzi tempo ti consume?
Mi dice con pietate: a che pur versi
Degli occhi tristi un doloroso fiume?
Di me non pianger tu; che miei dì fersi,
Morendo, eterni; e nell' eterno lume,
Quando mostrai di chiuder gli occhi, apersi.
Par. II. Son. 11
232

SONETTO.


GLI occhi de ch' io parlai si caldamente,
E le braccia e le mani e i piedi, e 'l viso
Che m' avean sì da me stesso diviso,
E fatto singolar dall altra gente:
Le crespe chiome d' or puro lucente,
E 'l lampeggiar dell angelico riso;
Che solean far in terra un paradiso;
Poca polvere son, che nulla sente:
Ed io pur vivo: onde mi doglio e sdegno;
Rimaso senza 'l lume ch' amai tanto,
In gran fortuna, e 'n disarmato legno.
Or sia qui fine al mio amoroso canto:
Secca e la vera dell' usato ingegno,
E la cetera mia rivolto in pianto.
Par. II. Son. 24.
234

SONETTO.


VAGO augelletto che cantando vai,
Over piangendo il tuo tempo passato,
Vedendoti la notte, e 'l verno à lato,
E 'l dì dopo le spalle, e i mesi gai;
Se come i tuoi gravosi affanni sai,
Così sapessi il mio simile stato;
Verresti in grembo à questo sconsolato
A' partir seco i dolorosi guai.
I' non so, se le patti sarian pari:
Che quella, cui tu piangi, e forse in vita;
Di ch' à me morte, e 'l ciel son tanto avari:
Ma la stagione, e l' ora men gradita,
Co 'l membrar de' dolci anni, e de gli amari,
A' parlar teco con pietà m' invita.
Par. II. Son. 90.
236

SONETTO.


MOVESI 'l vecchierel canuto e bianco
Dal dolce loco, ov' a sua età fornita,
E da la famigliuola sbigottita,
Che vede il caro padre venir manco:
Indi trahendo poi l' antico fianco
Per l' estreme giornate di sua vita,
Quanto più può, co 'l buon voler s' aita,
Rotta de gli anni, e dal camino stanco:
E viene à Roma, seguendo 'l desio,
Per mirar la sembianza di colui,
Ch' ancor là su nel ciel vedere spera:
Così lasso talbor vo cercand' io
Donna, quant' è possibile, in altrui
La desiata vostra forma vera.
Par. I. Son. 13.
238

SONETTO.


S'UNA fede amorosa, un cor non finto;
Un languir dolce, un desiar cortese;
S' oneste voglie in gentil foco accese;
S' un lungo errore in cieco laberinto;
Se ne la fronte ogni pensier dipinto,
Od in voci interrotte à pena intese,
Or da paura, or da vergogna offese;
S'un pallor di viola e d' amor tinto;
S' aver altrui più caro, che se stesso;
Se lagrimar', e sospirar mai sempre,
Pascendosi di duol, d' ira, e d' affanno;
S' arder da lunge, ed agghiacciar da presso
Son le cagion, ch' amando i mi distempre;
Vostro, Donna, 'l peccato, e mio fia 'l danno.
Par. I. Son. 187.
240

SONETTO.


QUEL vago impallidir che 'l dolce riso
D' un' amorosa nebbia ricoperse,
Con tanta maestade al cor s' offerse;
Che li si fece incontr' à mezzo 'l viso.
Conobbi allow, sì come in paradiso
Vede l'un l'altro; in tal guisa s' aperse
Quel pietoso pensier, ch' altri non scerse:
Ma vidil' io, ch' altrove non m' affiso.
Ogni angelica vista, ogni atto umile,
Che giamai in donna, ov' Amor fosse, apparve;
Fora uno sdegno à lato à quel, ch' io dico:
Chinava à terra il bel guardo gentile;
E tacendo dicea (com' à me parve)
Chi m' allontana il mio fedele amico?
Par. I. Son. 97.
242

SONETTO.


MENTE mia, che presaga de' tuoi danni
Al tempo lieto già pensosa, e trista
Sì 'ntentamente ne l' amata vista
Requie cercavi de' futuri affanni:
A gli atti, a le parole, al viso, a i panni,
A la nova pietà con dolor mista,
Potei ben dir, se del tutto eri avista:
Quest' è l' ultimo dì de' miei dolci anni.
Qual dolcezza fu quella, ò miser' alma,
Come ardevamo in quel punto, ch' i vidi
Gli occhi, i quai non dovea riveder mai?
Quando a lor, come a duo amici più fidi,
Partendo, in guardia la più nobil salma,
I miei carl pensieri, e 'l cor lasciai.
Par. II. Son. 46.
244

SONETTO.


TUTTA la mia fiorita e verde etade
Passava; e 'ntepidir sentia già 'l foco,
Ch' arse 'l mio cor; ed era giunto al loco,
Ove scende la vita, ch' al fin cade:
Già incominciava a prender securtade
La mia cara nemica a poco a poco
De' suoi sospetti; e rivolgeva in gioco
Mie pene acerbe sua dolce onestade:
Presso era 'l tempo, dov' Amor si scontra
Con castitate; ed a gli amanti è dato
Sedersi insieme, e dir che loro incontra.
Morte ebbe invidia al mio felice stato,
Anzi a la speme; e feglisi a l'incontra
A mezza via, come nemico armato.
Par. II. Son. 47.
246

SONETTO.


NE mai pietosa madre al caro figlio
Ne Donna accesa al suo sposo diletto
Die' con tanti sospir, con tal sospetto
In dubbio stato sì fedel consiglio;
Come a me quella, che 'l mio grave esiglio
Mirando dal suo eterno alto ricetto,
Spesso a me torna con l' usato affetto,
E di doppia pietate ornata il ciglio,
Or di madre, or d'amante; or teme, or' arde
D' onesto foco; e nel parlar mi mostra
Quel, che 'n questo viaggio fuga, o segua;
Contando i casi de la vita nostra;
Pregando, ch' al levar l'alma non tarde:
E sol quant' ella parla, ho pace, o tregua.
Par. II. Son. 17.
248

SONETTO.


NÈ per sereno cielo ir vaghe stelle;
Nè per tranquillo mar legni spalmati;
Nè per campagne cavalieri armati;
Nè per bei boschi allegre fere e snelle;
Nè d' aspettato ben fresche novelle:
Nè dir d' amore in still alti ed ornati:
Nè tra chiare fontane, e verdi prati
Dolce cantare oneste donne, e belle;
Nè altro sarà mai, ch' al cor m'aggiunga;
Sì seco il seppe quella sepellire,
Che sola a gli occhi miei fu lume, e speglio.
Noia m' è il viver sì gravosa e lunga,
Ch' i' chiamo 'l fine per lo gran desire
Di' riveder, cui non veder fu 'l meglio.
Par. II. Son. 44.
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http://content.cdlib.org/view?docId=kt2d5nb7m2&brand=oac4
Title: Dramas, Translations, and Occasional Poems. Volume I
By:  Dacre, Barbarina, Lady, 1767-1854, creator, British Women Romantic Poets Project, University of California, Davis, Library.
Date: 2002 (issued)
Contributing Institution: University of California, Davis. General Library. Digital Intitiatives Program.; http://digital.lib.ucdavis.edu/projects/bwrp
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